Donato Litti e l’epopea de “L’Altro Mondo”
di Antonio Bruno
Era la metà degli anni Sessanta del secolo scorso quando, in via Vecchia San Cesario, aprì i battenti un locale da ballo che avrebbe segnato per decenni la vita sociale di Lequile e del Salento. Alla guida c’era il signor Donato Litti, affiancato dal suo socio, il professor Antonio Perrone, vero dominus e organizzatore di quell’impresa pionieristica.
Non era solo un locale: era la promessa di modernità in un territorio che ancora guardava la discoteca come a qualcosa di esotico, di lontano. Una sala da ballo che – nelle parole di chi c’era – appariva come una balena bianca approdata all’improvviso nel cuore della provincia.
Dal sogno alla migrazione
Negli anni successivi, quella prima creatura fu trasferita nel nuovo complesso di Dragoni, più ampio e strutturato. Lì il progetto di Litti e Perrone crebbe, diventando definitivamente “L’Altro Mondo”: non solo un locale, ma un punto di riferimento per un’intera generazione che trovava, tra quelle mura, un altrove possibile.
“Non si trattava solo di ballare. Era il senso di entrare in un luogo nuovo, diverso, in cui il tempo sembrava sospeso”, ricorda Gianni, uno dei frequentatori storici.
Una concorrenza che fece bene a tutti
La storia racconta anche di un’altra sfida che animò quegli anni. In concorrenza con Litti e il suo “Altro Mondo”, l’insegnante elementare Edoardo Sambati decise di aprire un nuovo locale da ballo, proprio tra via Vecchia San Cesario e Largo Castello. Lo chiamò Charlie Brown.
Era la prova che l’idea di portare il ballo moderno a Lequile aveva messo radici: la concorrenza non indeboliva, anzi, dava linfa a una scena che cominciava a far parlare di sé ben oltre i confini del paese.
L’eredità di Donato Litti
Litti rimane il visionario che per primo credette in quella sfida. Con Perrone, seppe trasformare un’epoca in un progetto concreto: offrire ai giovani del Salento un posto dove incontrarsi, vivere la musica, sentirsi parte di un mondo che fino ad allora sembrava lontanissimo.
E anche quando altri provarono a imitarlo, o quando la sua creatura cambiò nome e forma, ciò che restava intatto era lo spirito iniziale: la voglia di costruire comunità attraverso la musica.
“Raccontare la storia di Donato Litti – con il passo lento di chi vuole custodire la memoria – significa raccontare la nascita della modernità nel cuore di una provincia. Dal locale in via Vecchia San Cesario, a Dragoni, fino alla concorrenza del Charlie Brown, ciò che restava era l’idea di fondo: dare ai ragazzi un altro mondo possibile.
Ecco perché, mentre lo ricordiamo, non parliamo solo di un gestore di discoteche, ma di un uomo che seppe leggere il futuro e lo portò, con coraggio, a Lequile.”