Decaro, Emiliano e Vendola: politica pugliese con la vera “grazia”

di Antonio Bruno

Sono in una sala buia.
C’è lo schermo, c’è Sorrentino. Toni Servillo, il suo presidente, parla a se stesso, al Paese, al cielo.
Io guardo e penso: ma perché in Italia siamo sempre lì, con i padri, con i padrini, con i fantasmi del passato che ci abitano come condòmini litigiosi?

Ed ecco che scendo in Puglia. Antonio Decaro dice: Io sì, ma senza Emiliano e Vendola.
E io mi chiedo: davvero la politica si riduce a una liberazione da due nomi, come fossero valigie da lasciare in stazione?

Perché sì, certo, capisco: c’è bisogno di rinnovamento. Capisco la voglia di un presidente libero.
Ma la libertà, se diventa slogan e non gesto concreto, si riduce a parola vuota.

E allora penso al presidente de “La Grazia”. Che ha dubbi. Che è tormentato. Che non decide mai con leggerezza.
E mi chiedo: Decaro ha dubbi? O vuole solo fare pulizia?
Perché in politica, senza dubbio, non c’è grazia.

Intanto Emiliano e Vendola, ai più, sembrano quei personaggi di contorno nei film italiani che non vogliono uscire di scena. Continuano a voler avere voce, a dire: siamo ancora qui.
E io mi domando se, in condizioni di “grazia”, il contributo sincero e spontaneo di Vendola ed Emiliano non sia non solo legittimo, ma persino auspicabile.

Ma ecco: per Vendola, Emiliano e per tutti quelli che “hanno già dato”, la scena a volte chiede silenzio. Ci devono essere, sì, ma la macchina da presa si sposta: e gli attori come loro possono restare, anzi è importante che restino, purché siano consapevoli di non occupare sempre il centro.

Attenzione: cancellare il passato è pericoloso. Il passato ritorna sempre, come in quei film in cui pensi che il personaggio sia morto e invece… sorpresa, eccolo lì nell’ultima sequenza.

Allora mi domando: non sarebbe stato più adulto, più politico, più etico, dire: io vado avanti e riconosco chi c’è stato prima di me; vi accolgo, sapendo che ora tocca a me?
Non il veto. Non l’aut aut. Ma la fermezza insieme al riconoscimento.
Quella sarebbe stata grazia.

E lo so, sto diventando moralista. Mi sento già la voce: “Antonio, ma sei sempre così? Sempre a fare il professore?”
Sì, sono così. Perché in questo Paese nessuno più dice cose semplici e nette.

E allora sì, lo dico: la politica senza dubbio, senza memoria, senza grazia, non è politica. È solo una battaglia di ego.
E io, di battaglie di ego, mi sono stancato.



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