"Cerchie di Memoria": un applauso silenzioso per gli ulivi caduti

Ci sono momenti in cui la storia si ferma a guardare, e in quel silenzio affiora la memoria. "Cerchie di Memoria", il progetto promosso dal MuSA – Museo Storico-Archeologico dell’Università del Salento, è uno di questi momenti. Un’iniziativa che non ha il clamore di un grande evento mediatico, ma la profondità di un gesto che si fa cultura, rispetto e visione.

Siamo abituati a pensare ai musei come a luoghi che raccolgono ciò che è stato, ma questa volta siamo di fronte a un museo che raccoglie ciò che resta. Resta degli ulivi millenari, piegati – non dal tempo – ma dalla violenza silenziosa della Xylella. Resta della bellezza di un paesaggio, della fatica dei contadini, di quel profumo d’olio che ha attraversato i secoli e le tavole. Resta, infine, la consapevolezza che la natura non è un sottofondo, ma protagonista della nostra storia.

"Le cerchie", come le chiama il progetto, non sono solo sezioni di tronchi: sono i volti rugosi di un passato agricolo, sono la pelle incisa del Salento, sono la cronaca di una tragedia verde che ha cambiato il volto di una terra. E metterle in mostra non è una trovata estetica, ma un atto di giustizia. Perché non c’è futuro senza memoria, e non c’è memoria senza testimonianza.

In un mondo che corre, "Cerchie di Memoria" ci invita a fermarci. A guardare quegli anelli concentrici come si guardano le rughe di un volto amato. E ci ricorda che la cultura non è fatta solo di parole e quadri, ma anche di silenzi, di fibre spezzate, di tronchi mutilati che parlano più di tanti discorsi.

C’è poi l’Art Bonus, che in questo contesto non è solo uno strumento fiscale, ma una mano tesa. Una possibilità concreta, per cittadini e imprese, di diventare parte attiva di un riscatto culturale e ambientale. È bello pensare che chi dona per salvare queste cerchie, dona anche un pezzetto di sé. Fa un gesto che, a ben vedere, è anche una carezza al proprio futuro.

Infine, permettetemi una riflessione: in un’epoca dove la memoria si consuma nello scorrere frenetico delle immagini sui social, qui si propone l'opposto. Una memoria che si sedimenta, che si espone, che si difende. E forse – come spesso mi è capitato di dire – la vera modernità non sta nell’inseguire il nuovo, ma nel proteggere ciò che siamo stati.

Lecce, il 24 luglio, sarà il palcoscenico discreto di questo atto d’amore per la terra. Non sarà uno show, ma sarà importante esserci. Perché un albero caduto può fare più rumore del vento, se lo ascoltiamo con il cuore.


Antonio Bruno

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