Camminando scalzi sul sale: la memoria del Sud
di Antonio Bruno
Molte volte, quasi per caso, ci accorgiamo che il nostro Sud ha ancora tanto da raccontare.
Che il Salento, pur lontano dalle grandi città che si vantano della storia e della gloria, non ha niente da invidiare a nessuno.
È una terra antica, scolpita nella pietra e nella fatica. Una terra che resiste.
Lo abbiamo scoperto in una giornata d’inverno, durante un cammino di dieci chilometri tra la campagna e il mare. Un’escursione ormai diventata tradizione. Ma che, per chi la percorre per la prima volta, ha il sapore di una rivelazione.
Siamo a Corsano, un pugno di case a sessanta chilometri da Lecce e a dodici da Santa Maria di Leuca, l’estremo lembo d’Italia.
Qui, in mezzo ai sentieri tracciati dalla storia, si snoda un’antica via del sale.
Non una leggenda. Ma una memoria concreta, fatta di pietre, sudore e silenzi.
Il sale non era solo un condimento. Era ricchezza, vita, sopravvivenza.
Più prezioso dell’oro, più necessario del pane.
Nel Mediterraneo, il sale ha costruito imperi, finanziato guerre, segnato i confini.
E qui, a Corsano, ha tenuto in vita intere generazioni.
Fino agli anni Sessanta, si raccoglieva lungo la costa, dove le onde e le mani degli uomini avevano scavato vasche nella scogliera.
L’acqua del mare entrava, il sole la asciugava. E il sale restava.
Poi, caricato a spalla, veniva trasportato lungo sentieri stretti e scoscesi, lontani da occhi indiscreti.
Perché era contrabbando.
Lo Stato imponeva il monopolio. E il prezzo.
Ma la gente non aveva scelta. O il sale, o la fame.
Chi erano i contrabbandieri?
Erano contadini, pastori, madri, bambini.
Scendevano a piedi nudi sugli scogli taglienti.
Li chiamavano “carcagni tosti”, calcagni duri.
Perché chi nasce qui impara a camminare scalzo.
A resistere.
A vivere di poco, ma con dignità.
I sentieri della via del sale partono da Corsano e raggiungono il mare tra pietre antiche, pajare e muri a secco che disegnano un paesaggio senza tempo.
Il più antico è quello di Nsepe, del Settecento.
Poi ci sono Scala Preula, Munteruno, Rusia, Scala Munte.
Li percorrevano uomini scalzi, con il carico sulle spalle e la paura nel cuore.
Oggi li percorrono camminatori e appassionati.
Ma il vento che soffia è lo stesso.
E anche la bellezza ruvida di questo paesaggio, che sembra scolpito dalla storia.
Lungo il cammino, si incontra la falesia che precipita a picco sul mare, le vasche scavate nella roccia, le grotte sommerse ed emerse, testimoni del tempo in cui qui passavano messapi, romani, bizantini, monaci e soldati.
Sul promontorio si scorge la Torre di Specchia Grande, costruita nel Cinquecento a difesa del territorio.
E poco più avanti, le tracce di tombe romane, monete bizantine, riti greci celebrati fino al Medioevo.
Corsano è un paese che ha imparato a camminare da solo.
Lo ha fatto per secoli.
Lo fa ancora oggi.
La via del sale non è solo una passeggiata tra la natura.
È un viaggio nella memoria collettiva.
È la storia degli ultimi, che non finirà mai nei libri di scuola ma che ha fatto l’Italia.
E se camminando vi capita di fermarvi, guardare il mare, e sentire qualcosa nello stomaco… non è fame.
È rispetto.
Fonti:
Escursione "Via del Sale", Corsano Escursioni, febbraio 2025
Capone, A. (2004). La via del sale nel Capo di Leuca. Edizioni del Grifo
Touring Club Italiano. Puglia. Guida Verde, 2022
De Blasi, N. (2017). Salento segreto. Terra d'Otranto Edizioni
AA.VV. (2010). Storie di contrabbando nell’Italia meridionale. Laterza
IPRES (Istituto Pugliese di Ricerche Economiche e Sociali), Rapporto sull’economia del Salento, 2018