Bufera su Molfetta

Appalti truccati in cambio di voti ai domiciliari il sindaco Minervini

Misure cautelari per ventuno indagati. Coinvolti funzionari comunali, imprenditori e un ex ufficiale della Guardia di Finanza. Le opposizioni chiedono le dimissioni immediate e parlano di “baratro etico”

Il sindaco di Molfetta, Tommaso Minervini, è stato posto agli arresti domiciliari nell’ambito di un’inchiesta della Guardia di Finanza coordinata dalla Procura della Repubblica di Trani su presunte irregolarità nelle gare d’appalto per opere pubbliche strategiche. Con lui è finita ai domiciliari anche Lidia De Leonardis, dirigente comunale del settore Socialità, mentre altre cinque persone tra funzionari e imprenditori sono state colpite da misure interdittive. Secondo l’accusa, gli indagati avrebbero messo in piedi un sistema di favori e pressioni volto ad aggiudicare appalti in cambio di sostegno elettorale.

Fulcro dell’inchiesta è il nuovo porto commerciale della città, per il quale – secondo l’accusa – Minervini avrebbe garantito la gestione trentennale a un importante imprenditore portuale, Vito Leonardo Totorizzo, in cambio della candidatura del figlio in una delle liste civiche a suo sostegno. Gli investigatori parlano di 21 capi di imputazione complessivi che vanno dalla corruzione alla turbativa d’asta, dal peculato alla frode in pubbliche forniture, fino alla rivelazione di segreto d’ufficio.

Le reazioni non si sono fatte attendere. Duro l’affondo del centrosinistra, che in modo unanime chiede le dimissioni immediate del primo cittadino e dell’intera amministrazione comunale, denunciando una paralisi della macchina amministrativa e un «crollo dell’etica pubblica». L’ex sindaca Paola Natalicchio parla di «alto tradimento», mentre il Partito Democratico definisce «ingovernabile» l’attuale situazione a Palazzo di Città. Netta anche la posizione di Rifondazione Comunista e Sinistra Italiana, che invocano una «nuova stagione di legalità e trasparenza» per Molfetta.

Minervini, attraverso i suoi legali, si è detto estraneo ai fatti, ribadendo di aver agito «per il bene della città» e annunciando ricorso al Tribunale del Riesame. La Procura ha tuttavia riconosciuto che dalle condotte contestate non sarebbe derivato un vantaggio personale diretto per il sindaco, che però – secondo il gip – resta figura centrale nell’ipotesi di scambio tra appalti e voti

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