mercoledì, Aprile 24, 2024
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La Sicilia superi il vittimismo Voglio cercare il voto d’opinione

Intervista a Vittorio Sgarbi. “Nell’isola non funziona niente, tranne la magistratura, che non ha limiti. Ma ci vuole ottimismo”.

La “cultura del piagnisteo” male dei popoli “che vivono in pace da troppo tempo”. Che in Sicilia ha persino una “patina letteraria” gattopardesca, altra faccia di un meridione in cui “le istituzioni non funzionano”. Tutte meno una, “che funziona male”, ossia la magistratura. Parola di Vittorio Sgarbi, con cui prosegue il nostro ciclo di interviste sulla “cultura del piagnisteo” (leggi anche quelle a Orlando e Cracolici). Il critico d’arte ribadisce la sua idea di candidarsi alla presidenza della Regione. “Me lo sconsigliano”, ma la tentazione di una campagna elettorale nella lunga estate siciliana è forte.
Sgarbi, come si esce fuori dalla cultura del piagnisteo che spopola non solo in Sicilia ma in tutta Italia?
“Sì, l’Italia ne è un campione ma il tema è stato affrontato prima negli Stati Uniti da Robert Hughes, critico d’arte del Times che scrisse, appunto, il libro “La cultura del piagnisteo”, il primo a individuarla in America. Hughes ha evidenziato questa come una reazione di una società che vive in pace da tropo tempo e ha bisogno di anticorpi ma l’idea consolatoria di potersi lamentare di quello che non funziona è tipica di un’umanità indebolita che non ha grandi valori e ideali e si dispiace di quello che non potrà avere piuttosto che valorizzare quello che ha”.
Lei ha vissuto diverse esperienze in Sicilia. Trova che qui il piagnisteo sia più diffuso che altrove?
“In Sicilia c’è una patina letteraria che viene dal Gattopardo, nella potentissima rappresentazione dei siciliani che si sentono degli dei, perfetti, non vogliono cambiare. È una pagina emblematica di una mentalità”.
Una mentalità immutabile?
“Al di là di quello che le singole persone con la loro responsabilità diretta non fanno, il Meridione ha una ragione di più che è il mancato funzionamento delle istituzioni. Non funzionano gli assessorati, non funzionano i musei, non funziona nulla. L’unica che funziona è la magistratura, che si è fatta pagare il sacrificio dei grandi eroi come Falcone e Borsellino con dei privilegi: il sangue ha consacrato i magistrati come dei martiri. È quella l’unica istituzione che funziona. Ma funziona male, perché non ha limiti. Prendiamo il caso del sindaco di Campobello di Mazara, che viene arrestato. Poi il pm chiede che venga assolto, perché non c’è reato. L’efficientismo della magistratura è determinato dal fatto che lì c’è una guerra e così si fabbricano gli eroi, attraverso la crescita di una minaccia costruita, e vengono fuori i casi Ingroia, Caselli e via dicendo”.
Eravamo partiti dal piagnisteo e siamo finiti all’antimafia…
“In Sicilia non funziona niente. Come se ci fosse una specie di acquiescenza o di impossibilità di fare, una specie di depressione gattopardesca, che vale per tutte le categorie sociali tranne che per i magistrati. E così si ha un presidente della Regione che per quattro anni e mezzo non ha fatto niente ma si definisce presidente antimafia: non è che l’essere minacciato dalla mafia lo mette al sicuro dall’inefficienza”.
Orlando dice che noi siciliani dobbiamo riscoprire l’autostima. Ne siamo carenti a suo avviso?
“In Sicilia ce l’hanno l’autostima ma in modo autoreferenziale. Se esistesse lo Stato, le cose potrebbero essere incentivate. Invece lì tutto quello che il pubblico fa non lo fa per i cittadini. Gli unici che hanno il sostegno dello Stato sono i magistrati, perché sono in guerra. Ma gli altri? Le attività quotidiane in Sicilia sono prive di ausilio. Cosa fa l‘assessore al Bilancio o all’Agricoltura o alla Cultura? Boh. Poi però stai sicuro che se devi intercettare la nostra telefonata i soldi non mancano”.
Ma lei è ancora dell’idea di candidarsi alla presidenza della Regione come ha detto qualche giorno fa a Palermo?
“In questi giorni ho parlato a lungo con molti che credono che ci sia ancora un apparato di partiti col suo peso. Ma quello che è meno prevedibile in Sicilia è il voto d’opinione. E ormai i partiti non possono garantire nessuno e quindi il voto d’opinione c’è ed è al momento quello dato ai Cinque stelle. Bisogna mirare a quel tipo di elettorato che se vota loro può votare me. Bisogna convincerli”.
Insomma, finita l’epoca dei clientes la sfida elettorale si gioca sulle idee secondo lei.
“A me pare di avere capito che i partiti non hanno più niente da tirare fuori. Allora bisogna avere la forza per dire: anch’io non posso darvi niente se non un’idea. E tra un’idea e un’altra c’è differenza”.
Quindi si candiderà davvero?
“Ci sono quelli che me lo sconsigliano. Dicono che ci sono i partiti. Ma quali sarebbero i vecchi partiti? Il modello Lombardo è caduto, Crocetta che consenso ha? Il Pd cosa ha fatto? Anche il modello Cuffaro è superato. Secondo me c’è in Sicilia lo spazio per un voto d’opinione. E poi c’è il vantaggio di votare a novembre, lì l’estate continua anche a settembre e ottobre, fare la campagna elettorale d’estate è bellissimo”.
Non avremo alla fine una campagna elettorale da piagnisteo?
“Bisogna cercare di sconfiggere questo vittimismo, questo piagnisteo. D’altronde quando hai come leader politici Schifani o Alfano… in che cosa manifestano di poter essere un riferimento per qualcuno? C’è una sfiducia verso questo potere anaffettivo. Infatti anche se oggi Cuffaro è fuori dai giochi, ha ancora un seguito perché il ‘vasa vasa’ era un’espressione di affettività. Che poi, senza l’aggravante della mafia, che l’accusa in Cassazione aveva detto di non ritenere che ci fosse, Cuffaro non sarebbe nemmeno andato in galera. Ma doveva essere punito, perché c’è una guerra. La gente però lo sentiva vicino. E anche il populismo di Orlando è un’espressione di questo fenomeno: la gente ha bisogno di sentire la politica vicina. Qui invece la pigrizia impedisce tutto, anche di spendere quel poco che c’è. Io ho difeso la Sicilia da Giletti e tutti i siciliani lo hanno apprezzato. Si parlava di musei senza personale, ma io dico: non si possono trovare cinquecentomila euro in più all’anno per invogliare i custodi a muoversi da una città all’altra? Davvero non si può, con tutti i soldi che si buttano via in imprese insensate? Lo si faccia. Bisogna fissare delle priorità. E ci vuole un po’ d’ottimismo”

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