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La città resiliente alle Manifatture Knos di Lecce

LA CITTÀ RESILIENTE

La rassegna Conversazioni sul futuro ospita – in collaborazione con Rena – la presentazione del libro di Piero Pelizzaro e Pietro Mezzi che racconta le strategie e le azioni di resilienza urbana in Italia e nel mondo.

Sabato 1 aprile (ore 18 – ingresso libero) le Manifatture Knos di Lecce ospitano la presentazione del libro “La città resiliente. Strategie e azioni di resilienza urbana in Italia e nel mondo”, pubblicato da Altreconomia. L’incontro, moderato dalla giornalista Tiziana Colluto (TrNews, IlfattoQuotidiano), vedrà la partecipazione di Piero Pelizzaro (esperto di resilienza e di politiche di adattamento ai cambiamenti climatici e coautore del volume con l’architetto Pietro Mezzi) e Alex Giordano (cofondatore di Ninja Marketing insieme a Mirko Pallera, docente di Marketing, Comunicazione e Pubblicità all’Università Federico II di Napoli, ideatore e direttore scientifico di Rural Hub il primo hackerspace dedicato all’agricoltura). La presentazione – che rientra nella rassegna Conversazioni sul Futuro, promossa dall’associazione culturale Diffondere idee di valore – è organizzata in collaborazione con Rena, il movimento che mobilita le comunità del cambiamento in Italia.

Il clima è cambiato, il pianeta è in pericolo. La sfida è città per città: ora e sempre resilienza. La resilienza è, in breve, l’arte di adattarsi ai cambiamenti, trasformando così le incertezze in occasioni e i rischi in innovazione. I cambiamenti climatici mettono oggi alla prova le città con “eventi estremi”: uragani, inondazioni, isole di calore. La “crisi” non dà tregua e ne fanno le spese l’economia, l’ambiente, la salute, il “capitale umano”. Le resilient cities hanno raccolto la sfida: queste pagine raccontano il repertorio di politiche e prassi resilienti di Barcellona, Rotterdam, Copenhagen, Malmö, New York, Boston, New Orleans, Norfolk e di Milano, Roma, Bologna, Venezia. I progetti più avanzati di climate adaptation e di rigenerazione urbana, che comprendono la mobilità, i nuovi modelli produttivi, la socialità, la sharing economy. Con i contributi dei docenti Stefano Caserini e Paolo Pileri e di Cristina Tajani, assessore del Comune di Milano.

“A far crescere il pensiero ecologico degli ultimi anni hanno contribuito tante nuove parole. Alcune si sono imposte. Altre si sono presto spente o sono state talmente usate e abusate da perdere il significato, indebolendo la sfida a cui ci chiamavano”, sottolinea Paolo Pilieri nell’introduzione. “Sostenibilità è forse la più nota tra queste ed è oggi una parola sostanzialmente svuotata, buona per tutte le stagioni. Più di recente è arrivata la “resilienza“. Un concetto assolutamente serio, squisitamente scientifico e terribilmente responsabilizzante: una parola importante a ad alta intensità che cerca custodi seri e motivati a farla crescere. Non si tratta solo della capacità intrinseca delle cose naturali a ripristinare il loro status di equilibrio dopo essere state disturbate: troppo facile! La sfida è più audace perché la resilienza vuole ricordarci almeno due altre cose. La prima, che piaccia o meno, è che esistono i limiti, più o meno netti, e da cui non si può sfuggire. La seconda è che c’è qualcuno che continua a disturbare gli equilibri della natura. E quel qualcuno siamo proprio noi, sempre noi: disturbiamo la natura con una tale normalità da aver consunto la nostra coscienza civile ancor prima che ambientale e quindi non ce ne rendiamo neppure più conto. La resilienza invece ci costringe a rivedere la nostra idea di normalità, i nostri codici di progettazione, la nostra pretesa di stare nel mondo nel modo con cui ci siamo stati fino a oggi”.

“Personalmente mi piace sottolineare come la resilienza sia la via di uscita più idonea per riprendersi, il più velocemente possibile, dai fallimenti ambientali ed economici degli ultimi anni”, sottolinea Piero Pelizzaro nelle conclusioni. “Ecco perché, più che una semplice parola, usiamo resilienza come una definizione operativa, un percorso di trasformazione costruttiva, la ricerca e l’approdo ad un nuovo modo di pensare. Come sostiene Ervin Lazlo: “Se il mondo è davvero vicino al cosiddetto punto del caos, i problemi non si possono risolvere con lo stesso livello di pensiero che avevamo quando gli stessi si sono creati“. Lazlo – come Latouche con l’eco-tecno fascismo – ci mette in guardia da possibili tentativi di appropriarsi della resilienza da parte dei pensatori conservatori. […] È una Italia resiliente esiste? Nel nostro Paese mille aziende al giorno chiudono. E c’è di più: 4 milioni di poveri, una pressione fiscale del 52% e 3,3 milioni di disoccupati. Se però guardiamo alla resilienza come strada possibile, ci rendiamo conto che gli italiani, tutti, si distinguono nel mondo per creatività, genialità, talento in ogni settore. In sostanza siamo italiani e persone estremamente resilienti, quindi abbiamo tutte le carte in regola per ripartire, investendo sui nostri talenti individuali e su quelli collettivi, ma per prima cosa dobbiamo riconoscere e ammettere i nostri problemi”.

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