giovedì, Marzo 28, 2024
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Fico riprende le consultazioni

Intesa in salita

Dopo la pausa, nuovo giro di consultazioni.

Il presidente della Camera Roberto Fico oggi salirà al Quirinale non prima, però, di aver visto di nuovo il Pd, alle 11, e M5S, alle 13.

La delegazione del Pd, guidata dal segretario reggente Maurizio Martina e composta dal presidente del partito Matteo Orfini e dai capigruppo Graziano Delrio e Andrea Marcucci, è appena stata ricevuta dal presidente della Camera. Alle 13 l’incontro con quella del M5S. Finiti i colloqui, Fico salirà quindi al Colle.

Un nuovo round per capire se i due partiti confermano l’apertura del dialogo prima di andare a chiedere al presidente della Repubblica Sergio Mattarella più tempo per tentare la stretta.

Ma, se Luigi Di Maio spera, nel Pd convivono due visioni contrapposte: da un lato Maurizio Martina e l’ala ‘governista’, convinti che un accordo vada cercato fino in fondo, dall’altro i renziani contrarissimi.

Resta in silenzio Matteo Renzi che oggi, a piazza della Signoria, ha però improvvisato un ‘sondaggio’ tra la gente, rispondendo con un “ricevuto” ai molti no all’accordo per il governo con i grillini arrivati dai simpatizzanti.

Sul fattore tempo, che Mattarella deciderà se concedere, giocano tutti i partiti: il Pd in attesa della conta in direzione e M5S sperando di incassare l’accordo. Ma anche Matteo Salvini che guarda alle regionali in Friuli come ad una nuova prova di forza della Lega e Silvio Berlusconi, che, dopo il Molise, è ancora più convinto dell’ineluttabilità della coalizione di centrodestra. E, contemporaneamente, della rottura con i pentastellati.

E se Renzi sonda a piazza della Signoria, il Cavaliere lo fa nei comizi friulani. “L’altro giorno – racconta – ho chiesto a delle persone come si sentissero di fronte a M5S. Uno mi guarda negli occhi e mi dice ‘credo che ci sentiamo come gli ebrei al primo apparire della figura di Hitler'”.

Di Maio resta in silenzio ma a prendere le sue difese ci pensa Salvini: “E’ meglio tacere e rispettare il voto degli italiani invece di dire sciocchezze. Io voglio dare un governo all’Italia, sono stufo di insulti, capricci e litigi”. Ma se il centrodestra resta ora alla finestra, il Pd è chiamato a fare una scelta tra chi, come i ministri e molti amministratori, vuole sedersi al tavolo della trattativa con il Movimento e chi, come i pasdaran renziani, non ne vogliono sapere.

In attesa della direzione, che per ora sembra confermata il 2 maggio, vanno in scena però solo divisioni e attacchi.

Carlo Calenda, fresco di tessera dem, conferma il suo addio al Pd in caso di intesa con M5S. Il vicepresidente della Camera Ettore Rosato parla di “distanze abissali” sui programmi e rimanda la decisione “con responsabilità” alla direzione. Ma se Renzi riceve dalla gente solo dei no all’accordo, il reggente Maurizio Martina, che oggi ha sentito l’ex premier, ha l’impressione che “tanti chiedano di provare a fare un lavoro, sapendo che è complicato”. Martina è consapevole che con l’ex leader ci sono “idee diverse” ma vuole “andare fino in fondo” anche perchè “da Di Maio sono arrivate parole chiare”. E il rischio “da evitare”, in caso tutto fallisca, avverte, è il voto ad ottobre.

Non crede, invece, che una fase così delicata possa essere affrontata “con una gestione provvisoria” del partito Antonello Giacomelli, schierato per il no, che chiede a Renzi di ritirare le dimissioni e prendere in mano le redini del Pd. Un clima tra i dem da resa dei conti che rischia di far deflagrare le divisioni rimaste sotto traccia dopo la disfatta elettorale.

Ma oggi la delegazione dem tornerà comunque a sedersi nel Salottino del Presidente Fico per “ascoltare” le riflessioni dell’esponente M5S. Con il presidente di Montecitorio ha avuto un breve colloquio, ieri mattina, anche il premier Paolo Gentiloni dopo la cerimonia per la Festa della Liberazione all’Altare della Patria. Il mandato di Fico resta dunque in salita e non più semplice è il lavoro di Mattarella che, dopo aver ascoltato l’esito delle consultazioni, dovrà decidere. L’alternativa è tra dare più tempo a Pd e M5S o dichiarare chiusi gli spazi per un’intesa, come avvenuto dopo il mandato esplorativo della presidente del Senato Elisabetta Casellati per verificare le possibilità di un accordo M5S-centrodestra.

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