venerdì, Aprile 19, 2024

Draghi

Da lunedì, 60 miliardi al mese. Bce vede ripresa e sferza Grecia.

A Cipro, in una delle due riunioni della Bce che ogni anno si svolgono fuori Francoforte, il presidente Mario Draghi si presenta ai giornalisti con in mano la documentazione pronta per il ‘QE’ europeo annunciato a gennaio, facendo precipitare l’euro ai minimi di 11 anni a un passo dalla parità con il dollaro. “Cominciamo lunedì”, spiega, con 60 miliardi di euro al mese che proseguiranno almeno fino a settembre 2016 e senza risparmiare i titoli con rendimenti già negativi, anche se restano fuori quelli sotto al -0,2%. Con il petrolio debole, l’export sostenuto dal tasso di cambio e il graduale miglioramento del credito, per la Bce è la svolta di una ripresa decisa dopo anni al lumicino, con una crescita rivista per il 2015 a 1,5% (da 1% di dicembre), per il 2016 a 1,9% (da 1,5%) e con un balzo al 2,1% l’anno successivo e un’inflazione vista accelerare a 1,8% fra due anni. Con il QE, spiega Draghi, “l’emergere di ulteriori sviluppi favorevoli” è ulteriormente rafforzato. La Bce, insomma, vede la svolta, anche se Draghi non manca di rilevare che i governi troppo timidi sulle riforme mettano un freno alla crescita. Ospitato dalla banca centrale di Cipro, protagonista di un drammatico salvataggio che ha spinto le autorità alla mossa drammatica dei controlli ai movimenti dei capitali, il presidente della Bce non ha però potuto chiamarsi fuori dallo scontro fra la Grecia e i partner Ue. Rivolgendosi con un atteggiamento a tratti sferzante verso il governo di sinistra emerso dalla forte vittoria di Syriza alle elezioni di gennaio. “Siamo i primi a volere che la Grecia riparta”, premette il presidente della Bce. Ma alla Bce non vanno giù le uscite del ministro delle Finanze, Yanis Varoufakis, secondo cui la Grecia ha fatto default e non può ripagare per intero il suo debito. “Certa comunicazione crea volatilità sui mercati, distrugge il collaterale, aumenta gli spread e minaccia la solvibilità. La comunicazione è assolutamente fondamentale”. Una bacchettata, mentre è massima fermezza sui finanziamenti di Francoforte alla Grecia, in un atteggiamento denunciato dal governo Tipras come un pressing a farlo cedere fornendo liquidità come le gocce di una flebo. Draghi si ferma a un passo dal sarcasmo: “si può dire che la Bce sia la Banca della Grecia”, “l’ultima cosa che si può dire è che non sosteniamo la Grecia”, visto che in due mesi Francoforte ha raddoppiato, a 100 miliardi, l’esposizione verso il Paese raggiungendo il 68% del Pil, la quota più alta nell’EUrozona. Proprio oggi la Bce ha aumentato di 500 milioni, a 68,8 miliardi, i prestiti d’emergenza forniti dall’istituto centrale ellenico alle banche. Per Draghi, poi, “è stata una dichiarazione esplicita del governo greco” a costringere la Bce, applicando le regole, a chiudere il rubinetto dei prestiti diretti agli istituti ellenici il 4 febbraio scorso. Quei rubinetti si potranno riaprire se “ci saranno le condizioni” che spingono l’Europa a ritenere che la Grecia va verso una probabile conclusione positiva del programma di assistenza targato Ue-Bce-Fmi. Varoufakis, poi, avrebbe voluto che la Bce alzasse dai 15 miliardi attuali il tetto alle emissioni di titoli a breve. Ma Draghi boccia l’ipotesi che costituisce quel “finanziamento monetario” vietato dai trattati. Certo, sulla sostanza delle misure richieste ad Atene, Draghi si rimette alle valutazioni politiche dell’Eurogruppo, dove Varoufakis porterà un primo pacchetto in sei punti lunedì. E fa balenare una via d’uscita che potrebbe dare ossigeno finanziario nell’immediato: “la Bce ha chiesto all’Eurogruppo che il fondo di ricapitalizzazione per le banche, circa 10 miliardi, sia prontamente disponibile”. A meno che i partner Ue non anticipino parte dei 7 miliardi di salvataggio residuo dopo aver ravvisato la buona volontà greca, potrebbe essere questa la chiave di volta per Atene, che questo mese (a partire da domani) deve rimborsare 1,5 miliardi solo al Fondo monetario internazionale.

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