Com’è cambiata l’economia salentina: persa vocazione agricola a vantaggio di alloggio e ristorazione

Com’è cambiata l’economia salentina: persa vocazione agricola a vantaggio di alloggio e ristorazione

L’economia salentina si evolve progressivamente. Dalla grande recessione del biennio 2008-2009 – innescata dallo scoppio della bolla immobiliare americana, che provocò a catena una grave crisi finanziaria, con pesanti ripercussioni sulle economie di tutto il mondo – ad oggi, molto è cambiato.

Restringendo il campo di osservazione al Salento, aumentano le imprese nei settori della ricettività, della ristorazione, del terziario e dei servizi. In costante declino, invece, l’agricoltura e il manifatturiero che ha subìto maggiormente gli effetti dei rincari energetici, nonostante i provvedimenti adottati dal Governo al fine di mitigarne l’impatto sui costi aziendali.

È quanto emerge dal nuovo studio condotto dall’Osservatorio Economico Aforisma, diretto da Davide Stasi che ha preso in esame tutte le imprese attive con sede legale nelle province di Lecce, Brindisi e Taranto ed iscritte nelle rispettive camere di commercio (ad eccezione di quelle inattive e di quelle sottoposte a procedure concorsuali).

Nel lungo arco temporale che va dal 2009 ad oggi, il comparto primario ha il peggiore saldo: meno 5.479 attività, pari a una flessione del 17 per cento (dalle 32.131 imprese del 31 dicembre 2009 alle attuali 26.652 del 31 maggio scorso).

Il manifatturiero ha perso 2.241 unità (dalle 12.270 del 31 dicembre 2009 alle 10.029 del 31 maggio scorso). «I rincari dei prodotti energetici e delle altre materie prime hanno fatto crescere a tal punto i costi per le aziende che è a rischio la loro stessa sopravvivenza», spiega Davide Stasi, responsabile dell’Osservatorio economico. «Se il manifatturiero non è sparito ancora lo si deve soprattutto agli scambi commerciali, mentre resta debole la domanda interna. Ma è bene precisare che l’export è cresciuto soprattutto in termini di valore, non in termini di prodotto. L’incremento, infatti, è solo nel valore, perché l’inflazione ha incrementato i prezzi, ma il numero dei prodotti è risultato inferiore a quello dell’anno scorso. La graduale ripresa del Tac (tessile-abbigliamento-calzaturiero) dovrebbe interessare un numero maggiore di aziende per poter competere davvero sui mercati internazionali».

Il commercio all’ingrosso e al dettaglio resta sostanzialmente stabile: le tante chiusure dei negozi di vicinato sono compensate dalle aperture di nuove attività di vendita a distanza e dalla nascita delle piattaforme di e-commerce.

Il turismo si aggiudica la migliore performance nel lungo termine: le attività di alloggio e ristorazione sono aumentate, infatti, di 3.640 unità, pari a una crescita del 44 per cento (dalle 8.272 del 31 dicembre 2009 alle 11.912 del 31 maggio scorso). Seguono le agenzie di viaggio e di noleggio: +1.556, pari a un incremento del 58 per cento (da 2.661 del 31 dicembre 2009 a 4.217 del 31 maggio scorso).

«Le attività professionali, scientifiche e tecniche – prosegue Stasi – continuano ad orientarsi verso forme imprenditoriali, grazie alla concessione dei vantaggi fiscali ed anche il settore delle costruzioni è stato sostenuto dall’introduzione di crescenti incentivi per le ristrutturazioni edilizie e il risparmio energetico. I bonus edilizi hanno sortito effetti positivi anche sulle compravendite residenziali, aumentando il numero delle transazioni immobiliari. Non solo hanno contribuito a limitare l’impatto negativo della pandemia, ma hanno risvegliato un grande interesse verso i lavori volti all’efficientamento energetico, dando una notevole spinta al mercato, quasi del tutto fermo durante la pandemia. Il superbonus e gli altri bonus edilizi hanno incentivato la nascita di nuove ditte di costruzioni. «Già durante la fase espansiva della pandemia gli ingranaggi dell’economia hanno iniziato a procedere a velocità molto diverse: non tutti i settori arretravano e non tutti i territori registravano un saldo negativo delle imprese e degli addetti. Anzi, il Salento che è stato un po’ meno esposto alle conseguenze della pandemia ha visto crescere le attività per una rapida diversificazione e per il ritorno dei flussi turistici. Anche le attività che sembravano più esposte alla crisi innescata dal Covid-19 hanno risentito meno degli effetti rispetto ad altri territori italiani. Sono emerse, tuttavia, rilevanti strozzature dal lato dell’offerta – chiosa Stasi – in parte indotte dalla stessa rapidità della ripresa, per la scarsità di alcune materie prime e le note criticità nella logistica e nei trasporti».

I dati, provincia per provincia, delle aziende attive. In provincia di Lecce, si contano 20.725 esercizi commerciali all’ingrosso e al dettaglio; 9.897 ditte di costruzioni; 9.283 aziende agricole; 5.838 attività di alloggio e ristorazione; 5.090 attività manifatturiere; 3.441 altre attività di servizi; 1.959 attività di noleggio, agenzie di viaggio e servizi alle imprese; 1.920 attività professionali in forma imprenditoriale; 1.309 attività finanziarie e assicurative; 1.282 attività immobiliari; 1.152 ditte di trasporto e magazzinaggio; 1.076 servizi di informazione e comunicazione; 1.057 attività artistiche, sportive e divertimento; 749 operano nella sanità e assistenza sociale; 407 nel campo dell’istruzione e 373 non ancora classificate. Per un totale di 65.558 attività al 31 maggio scorso.

In provincia di Brindisi, si contano 9.711 esercizi commerciali all’ingrosso e al dettaglio; 7.165 aziende agricole; 4.424 ditte di costruzioni; 2.725 attività di alloggio e ristorazione; 2.116 attività manifatturiere; 1.510 altre attività di servizi; 1.007 attività di noleggio, agenzie di viaggio e servizi alle imprese; 882 attività professionali in forma imprenditoriale; 771 ditte di trasporto e magazzinaggio; 569 attività finanziarie e assicurative; 510 attività immobiliari; 453 servizi di informazione e comunicazione; 346 attività artistiche, sportive e divertimento; 304 operano nella sanità e assistenza sociale; 151 nel campo dell’istruzione e 149 non ancora classificate. non ancora classificate. Per un totale di 32.793 attività al 31 maggio scorso.

In provincia di Taranto, si contano 12.709 esercizi commerciali all’ingrosso e al dettaglio; 10.204 aziende agricole; 4.964 ditte di costruzioni; 3.349 attività di alloggio e ristorazione; 2.823 attività manifatturiere; 1.858 altre attività di servizi; 1.318 attività professionali in forma imprenditoriale; 1.251 attività di noleggio, agenzie di viaggio e servizi alle imprese; 947 ditte di trasporto e magazzinaggio; 898 attività finanziarie e assicurative; 724 servizi di informazione e comunicazione; 701 attività immobiliari; 542 attività artistiche, sportive e divertimento; 401 operano nella sanità e assistenza sociale; 229 nel campo dell’istruzione e 246 non ancora classificate. Per un totale di 43.164 attività al 31 maggio scorso.

L’economia salentina, dunque, si sta trasformando con il passare del tempo: ha perso la vocazione agricola e manifatturiera industriale ed artigianale, mentre si è ritagliato maggiore spazio il turismo, composto prevalentemente dalle attività di alloggio e di ristorazione.