giovedì, Aprile 18, 2024

AMBIENTE

SUPERARE L’ALLARME ROGHI CON PIANIFICAZIONE E PREVENZIONE

Vi sono molteplici soluzioni da applicare per scongiurare il pericolo che la Puglia sia nuovamente in testa alla classifica delle regioni italiane più colpite dagli incendi boschivi. Ma, secondo il deputato L’Abbate (M5S), è necessaria la collaborazione di tutti i livelli amministrativi

Con il sopraggiungere dell’autunno e l’arrivo delle prime piogge, il rischio incendi sembra essere lontano così come l’emergenza roghi che ha caratterizzato l’arida estate italiana. In Puglia, regione classificatasi sesta nella classifica incendi del 2016 in Italia, solamente nei primi tre mesi estivi sono andati persi 2.700 ettari di territorio boschivo, con “protagonista” la Provincia di Foggia. Eppure, al fine della prevenzione, sarebbe sufficiente rendere operativo quanto già pianificato su carta. L’abbandono di molte aree rurali, con la naturale espansione dei boschi nei terreni agricoli e nei pascoli abbandonati, ha causato un aumento della biomassa combustibile e ciò, unita a particolari condizioni climatiche, determina una diffusa suscettività dei boschi agli incendi.

Con la legge 350/2000, sono previsti interventi finalizzati a migliorare l’assetto vegetativo degli ambienti naturali – dichiara il deputato pugliese Giuseppe L’Abbate, capogruppo M5S in Commissione Agricoltura alla Camera – risulta, quindi, evidente che occorra una pianificazione antincendio, come suggerito anche dal D.L. 227/2001 che sottolinea anche l’importanza della salvaguardia ambientale. Il ‘combustibile’ in bosco può essere efficacemente modificato influenzando così la capacità d’innesco tramite operazioni di gestione o pratiche che, tecnicamente, mirano a ridurre la ’scala dei combustibili’, ovvero la ’continuità verticale’ che è rappresentata dall’abbondanza di arbusti e da necromasse nelle parti basse delle chiome arboree. Queste pratiche – prosegue L’Abbate (M5S) – fanno sì che un incendio radente in un ‘bosco pulito’ possa diventare un ‘incendio di chioma’”.

Nelle regioni meridionali (dati 2001-2010) sono stati prelevati mediamente 1,93 milioni di mc di biomassa legnosa a fronte di una produzione 8,7 milioni (appena il 22%). Si tratta di produzioni elevate, solo parzialmente utilizzate, che contribuiscono però ad aumentare la biomassa potenzialmente incendiabile.

Un ruolo fondamentale per la sicurezza boschiva, inoltre, è data dai viali tagliafuoco – dichiara il deputato Giuseppe L’Abbate (M5S) – Ovviamente, è necessaria una manutenzione ottenibile con vari tipi di intervento che vanno dal taglio programmato al pascolo. Oltre questo, poi, ci sono gli interventi di diradamento dal basso che servono per aumentare la distanza dalle chiome, operazione che oltre a ridurre il rischio d’incendio aumenta anche la resistenza degli alberi. Dire che un bosco o un albero non si tagli a prescindere è un errore, il bosco va gestito. Sono, quindi, numerosi gli interventi che si potrebbero attuare e che non si fanno. Vi immaginate che bei boschi puliti potremmo avere?– continua il parlamentare 5 Stelle – Aumenterebbe il turismo, avremmo materiale legnoso da utilizzare per scopi diversi e si creerebbero nuovi posti di lavoro, oltre che un numero maggiore di prodotti del bosco da raccogliere. Infine, c’è da considerare un altro aspetto: quello relativo alla messa in sicurezza delle arie densamente abitate in prossimità di territori forestali poiché, le zone di confine dette d’interfaccia (WUI), sono zone marginali e abbandonate, quindi potenzialmente soggette ad incendi. La legge nazionale attribuisce alle Regioni la responsabilità della redazione dei piani in materia di incendi boschivi ma, in merito alle aree di interfaccia, non vi sono dettagli per la gestione emergenziale. Nel 2007 – afferma L’Abbate (M5S) –  è stato predisposto il Manuale operativo per la predisposizione di un Piano comunale o intercomunale di protezione civile dove si parla anche degli interventi nelle WUI. La domanda è: tutti i Comuni lo hanno? La pianificazione forestale può essere realizzata a livello territoriale, di comprensorio e di azienda poiché esistono i piani antincendio (AIB). Per i Parchi Nazionali, il ministero dell’Ambiente ha definito delle linee guida. Relativamente alla singola proprietà forestale, invece, occorre fare una riflessione diversa perché, essendo quest’ultima il 66% della superficie totale e di piccola dimensione, gli interventi devono vedere un’aggregazione tra i soggetti che deve essere ‘oliata’ dalla politica in modo da essere standardizzata e organizzata. Una soluzione è identificabile nei piani di assestamento forestale ma, ad oggi, sono ancora poco diffusi. Mi auguro – conclude Giuseppe L’Abbate (M5S) – che cominciamo tutti a fare pressing affinché i nostri amministratori in primis rispondano ai propri elettori”.

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