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Neuroradiologia infantile

Pediatri e genitori lanciano un allarme: gli esami diagnostici prescritti ai bambini sono dannosi e spesso inutili. A rischio il corredo genetico.

Nel mirino degli specialisti la «facilità» con cui si prescrivono a un bambino tac, radiografie e risonanze che in molti casi possono essere evitate.

La corretta gestione dei percorsi diagnostico-terapeutici del paziente in età pediatrica è stata affrontata sabato scorso in un seminario dal tema “La Neuroradiologia pediatrica tra necesità e realtà”.
L’incontro, voluto dalla direzione sanitaria della Asl e organizzato dal primario del reparto di Neuroradiologia del “Vito Fazzi”, Fernando Lupo, è nato dall’esigenza di un confronto tra specialisti come: Pediatri ospedalieri e di famiglia, Neuroradiologi, Neurologi, Neuro-oncologi, Neurochirurghi, Neuropsichiatri Infantili e Neonatologi.

Parola d’ordine: esporre il bambino il meno possibile alle radiazioni ionizzanti che potrebbero alterare il suo corredo genetico. Vale la pena ricordare che la risonanza magnetica, pur non emettendo radiazioni, costringe il medico a sedare i piccoli (non collaboranti), con tutti i rischi conseguenti.

Diventa quindi urgente un più frequente e diretto interscambio fra il pediatra di base e quello ospedaliero. Proprio per dare una migliore risposta alle richieste provenienti dagli stessi medici e alle istanze espresse dai genitori. Evitando inutili accessi ai servizi di emergenza/urgenza ed il ricorso a prestazioni di diagnostica per immagini inappropriate.

«Il bambino non è un piccolo adulto, ha una sua precisa definizione e un organismo in fase di sviluppo», spiega il dottore Lupo, «e come tale è soggetto a tutta una serie di patologie, sia congenite sia acquisite, proprie dell’età pediatrica».

Il neuroradiologo del Fazzi suggerisce di «orientare tutti i mezzi oggi disponibili (sia le macchine, sia la professionalità dei medici) anzitutto a diagnosticare precocemente le varie patologie, ma anche fare in modo che queste patologie non diventino motivo di morte o di lesioni che il bambino si porterà nella fase adulta».

Quindi nell’ambito delle neuroscienze si sente la necessità di creare una struttura che si occupi solo ed esclusivamente del bambino con lo scopo di sviluppare una serie di tecniche e di procedure dai risultati sicuramente superiori agli attuali.

In questa direzione va lo sforzo che sta facendo l’associazione Tria Corda per realizzare nel “Vito Fazzi” un ospedale pediatrico. «Ma l’ospedale ber bambini – chiarisce il dottore Lupo – non avrebbe senso senza una rete territoriale di supporto. E’ necessario che si sviluppino tutta una serie di professionalità da integrare con tutte le altre specialità che ruotano attorno al bambino, dal neonatologo, al pediatra, al neurologo. al neuropsichiatra infantile, al neurochirurgo».

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