MARTINA – LECCE 1-1 PARI AMAROGNOLO!
Un mio amico ha definito molto correttamente questo pari come “avaro”, da altri è stato definito “della discordia”, altri ancora si son chiesti a chi effettivamente sia servito. E’ ovvio, quindi, che vi è molto da dire su quanto accaduto. Intanto ci si pone il quesito che ha un valore per fare , come dicono a Napoli, solo ammuina: se Rullo non avesse sbagliato quel controllo come sarebbe stato giudicato Asta? Ma altrettanto si può dire: se il Lecce non avesse fatto indigestione di reti, come giudicheremmo questa partita? Una cosa è certa: come sempre con i se ed i ma non si fa la cronaca e ci si discosta dalla realtà.
Una cosa forse potrebbe essere detta: questo pareggio serve certamente più al Martina che al Lecce abbisognevole di una dimensione che non sia solo di passaggio. Che questo sia assolutamente vero è dimostrato dal cammino del Lecce: sconfitta in casa con l’Andria (una neo promossa), immediato riscatto a Stabia (squadra che lo scorso torneo ha disputato i play off), successivo pari interno con la Casertana (squadra certamente di buona caratura tecnica) ed attuale pari a Martina (squadra di modestissima caratura) che può recriminare per come abbia consentito al Lecce di raggiungere il pari.
A questa analisi di pro e contro non può però mancare la considerazione che al Lecce mancavano le due punte, Moscardelli e Curiale, per traumi di gioco e che è toccato alla squadra tentare il recupero in inferiorità numerica. Certo una cosa buona è stata evidenziata: di fronte alle difficoltà, questa squadra ritrova un’ anima. Anche se a tratti sembra perderla, comunque ce l’ha e questo è molto positivo perché, con il passare delle settimane, questo aspetto certamente migliorerà, segno che bisogna trovare in fretta la continuità. Imprecisione e sfortuna hanno caratterizzato la partita ma, non scordiamolo mai, alcuni giocatori,vuoi per l’anagrafe, vuoi per il carisma che possono esercitare, hanno il dovere di essere sempre lucidi, specie se si ha la responsabilità del grado di capitano assegnato, mi sembra, con molta superficialità.
Quelli della mia età che ricorderanno la grande Inter di Herrera, ricorderanno anche che il capitano di quella squadra non era Suarez né Corso, né Mazzola né Facchetti, ma un certo Picchi, inferiore sul piano tecnico ma con tanto carisma da essere temuto e rispettato da tutti. Si valutino attentamente talune scelte, anche per i risvolti disciplinari che ne potrebbero derivare.
Se le mie valutazioni a qualche lettore possono sembrare come una presa di distanza dalla squadra, preciso che queste tengono sempre conto delle difficoltà che incontra un tecnico alle prese con una squadra completamente rinnovata; se così non fosse, una squadra che punta al vertice, certe partite ha l’obbligo di vincerle senza i se e senza i ma. Martina era una di quelle.
In questo momento il Lecce deve rimodellare la coperta perché, al momento, è troppo corta. Se punti all’orgoglio, come a Stabia, vinci o rimetti in piedi, come a Martina, una partita persa, se cerchi la battaglia scriteriata, perché giochi in casa, può finire come con l’Andria o la Casertana. Occorre a tutti i costi trovare equilibrio e continuità, mettendo una buona volta da parte i piagnistei del tipo che la sorte non ci è favorevole, che tutti ce l’hanno con noi e con gli arbitri che non ci amano. Cerchiamo piuttosto di convincerci che il cammino sarà irto di ostacoli, che ci sono squadre meglio attrezzate e che non si eserciti eccessiva pressione su tecnico e squadra lasciandoli lavorare in pace.
Ma se questo è un consiglio data all’opinione pubblica, a tecnico e calciatori chiedo maggiore obbiettività nel giudicare una partita, lasciando da parte gli eventuali 5 a 0, dopo il primo tempo (vds. Stabia) e convincendosi di non essere assolutamente i migliori, ma di sperare di essere in grado di lottare fin oltre il 90.
M.L.
