All’improvviso il cuore batte più forte, il respiro manca, il terrore di morire diventa reale e invalidante. E’ l’attacco di panico, di cui in molti, in questi giorni difficili di quarantena, stanno facendo esperienza.
Ci sono poi i disturbi di ansia generalizzata, la depressione, le manifestazioni psicosomatiche, il senso di angoscia per il presente e per il futuro, i problemi relazionali derivanti dalla forzata convivenza e dalla scarsa privacy.
L’emergenza sanitaria è una prova anche dal punto di vista psicologico. Non solo per chi ha problemi pregressi inerenti tale sfera, ma anche per chi, finora, si è sempre trovato in una condizione di equilibrio con il proprio io.
Ecco che allora il supporto di una persona esperta può diventare fondamentale. Lo sanno bene Ilaria Granieri, Marta Ingrosso, Anna Selene Paolo, Laura Pezzuto, Francesca Prete, Paola Rizzo, sei psicoterapeute impegnate, in questi giorni e fino alla fine dell’emergenza, a fornire sostegno psicologico gratuito telefonico.
Chiunque può rivolgersi allo sportello Socialmente, ideato dalle cooperative Rinascita di Copertino e Specialmente di Nardò, anche medici, infermieri, persone in isolamento o risultate positive al covid-19 che vivono sulla loro pelle l’ansia legata allo stato di salute e al timore di contagiare i propri cari. Basta comporre uno dei numeri o inviare una mail per prenotare un appuntamento telefonico.
Le sei professioniste, già collaboratrici delle due cooperative, dall’altra parte della cornetta o dello smartphone si predispongono al confronto, ascoltano timori e sfoghi, cercano di offrire supporto nella gestione delle emozioni, ma, soprattutto, trasmettono l’idea – come spiegano, interpellate da ilpaesenuovo.it – che non bisogna “avere paura della paura”. Si tratta di riabilitare, in altre parole, un’emozione primaria – e quindi fondamentale – che permette, se gestita al meglio, di riconoscere il pericolo e mettere in atto delle “strategie salvifiche”. Avere paura non è, in estrema sintesi, una condizione di debolezza di fronte alla quale sentirsi piccoli e fragili, ma uno status coerente con la propria umanità, positivo, addirittura.
E proprio questo rappresenta uno dei possibili “insegnamenti” di tale epidemia, la capacità di ritornare a connettersi con le proprie paure, accettandole come un fatto naturale e non sopprimendole come un limite alle proprie potenzialità. Inoltre, spiegano ancora le sei professioniste, la quarantena – momento di lentezza contrapposto alla società iperattiva precoronavirus – rappresenta anche un momento di possibile riflessione su se stessi, sui propri desideri, sui sentimenti inespressi, oltre che – e qui si passa sul piano sociologico e politico – sulla necessità di prevedere, nel lungo periodo, un investimento sulla cura del benessere mentale. Che passa anche dalla consapevolezza di poter contare su un’occupazione più o meno stabile, su sistemi di conciliazione lavoro-famiglia e su un welfare state efficiente, ivi compreso un sistema sanitario pubblico accessibile a chiunque.