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IL MITO E IL SOGNO CON I QUADERNI DEL BARDO EDIZIONI DI STEFANO DONNO

Saranno presentati da Mauro Ragosta per il 13° appuntamento del format Il Tempo di un Caffè presso il Bar Astoria di Lecce (Piazza Italia – adiacente Porta San Biagio) il 5 ottobre 2018 ore 18,30 i due volumi editi da I Quaderni del Bardo Edizioni di Stefano Donno dal titolo Magia e mito. Le origini a cura di Mauro Camassa, Paride Pino, Francesco Conte e Al di qua delle palpebre. Cronache e prassi di un onironauta di Roberto Shambhu

“I testi di ‘Magia e Mito: le origini’, lavoro di ricerca di Mauro Camassa, Paride Pino e Francesco Conte costituiscono il primo volume di una raccolta più ampia di studi condotti negli ambiti di una scienza esoterica che, per organicità e coscienza critica degli autori, attende a tutti i requisiti di affidabilità storica, definendosi quale percorso filosofico, complementare alla raffinata comprensione delle tematiche ivi sviluppate. Accostare la pura definizione di filosofia, quale disciplina attenta a scandire le fasi di un’autonoma modalità del pensare e dell’agire umani, il termine di un’indagine esoterica comporta che, inevitabilmente, venga scandita la detonazione di una conoscenza legittimata sempre per troppo pochi ‘eletti’, relegando nell’ombra aspetti del divenire dell’uomo e del suo pensiero che, di contro, avrebbero meritato approfondimenti atti a rifuggire dalla nebulosa mistificazione dell’inconoscibile.” (Dalla prefazione di Eliana Masulli)

“Al di qua delle Palpebre”, spinge convintamente lo sguardo oltre le nebule superstiziali di un “blasfemo” e tardivo Occidente, ancor memore, forse, dell’opposizione anatemica di Isidoro, che nel de tentamentis somniorum bollava l’Arte del sognatore col contrassegno infamante di “demonibus”. Mistero mai compiutamente affrontato dalla Scienza che, ben lungi da ogni azzardo speculativo, riduce la sua indagine alle sole funzionalità psicofisiologiche. Che il mondo onirico rappresenti un autentico tabù per i misuratori della materia, credo sia oramai evidente. La ragione è che sogniamo tutti, perciò l’ampollosità perlocutoria di certe argomentazioni, fa arricciare il muso come il limone la bocca di un bambino. L’esperienza del sogno lucido, mai dismessa in Oriente, tornata alle nostre latitudini grazie agli interventi di Frederik van Eeden, poi di Stephen LaBerge, necessitava tuttavia di ulteriori apporti, di nuove connotazioni modali. Credo che l’opera di Shambhu colmi, in tal senso, il vuoto teoretico creatosi tra divieti e imbarazzi e, soprattutto, si costituisca come una prassi vera e propria, una modalità di azione consapevole nella dimensione disincarnata del sogno. Roberto Shambhu è uno che va dritto alla meta, operando una mirabile sintesi tra segno ed immagine. Sono sue anche le pregevoli illustrazioni contenute nel volume, utili ad una ulteriore estensione – laddove le parole hanno esaurito il senso – e l’archetipo, gerarchicamente più potente, alimenta le escursioni ultratemporali e sovraspaziali nei circuiti labirintici del sogno. Il gioco è chiarito sin dalle premesse (cronaca e prassi di un onironauta) e rivela l’intenzione di instaurare un patto di tirocinium, un accordo tacito ma pragmatico che lo rende, legittimamente, un test eccellente anche per “sognatori lucidi” di provata esperienza. Nel mio pristino intervento prefativo, la definivo già un’opera di riferimento, oggi non posso che confermare il presentimento e ribadirne l’audacia, oltre che la valenza. Al di qua delle Palpebre è un libro per autentici “cercatori”.

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