venerdì, Aprile 19, 2024
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AUTONOMIE REGIONALI

COME SONO RIPARTITE LE RISORSE DELLO STATO TRA GLI ENTI LOCALI ?

“Si sente parlare di autonomie regionali ma forse non tutti hanno avuto modo di approfondire le relative dinamiche sottese. Nella consapevolezza che il cittadino informato è un cittadino attivo e partecipe, cercando di fare cosa gradita ed al fine di commentare alcuni aspetti relativi alle autonomie richieste da Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna, ci pare necessario illustrare, seppur in maniera rapida e sommaria, come si ripartiscono i fondi dello Stato tra gli enti locali.” È quanto afferma Diego Palumbo, presidente di Valori Comuni.

Per definire le esigenze degli enti locali, da qualche anno si sta passando, progressivamente, da un metodo riferito al concetto di “spesa storica” ad un altro riferito al concetto di “fabbisogno standard”.

Mentre con la spesa storica, le risorse venivano attribuite basandosi sulle spese sostenute da ciascun ente locale nel corso dell’anno precedente, con il fabbisogno standard si punta a distribuire le risorse in funzione del fabbisogno “reale” dell’ente locale, a prescindere da quanto sia stato speso nel precedente anno. Va da se che, in tale quadro, risulta particolarmente rilevante la definizione del peso delle singole variabili prese in considerazione, per definire il fabbisogno reale.

A tal proposito, la legge dispone che la società “Sose s.p.a.” sviluppi gli aspetti tecnici e, dunque, predisponga le metodologie e determini i valori dei fabbisogni standard con tecniche statistiche (questionari da sottoporre ai comuni ed altri enti locali, conti consuntivi, ecc.) in grado di rappresentare le caratteristiche di ogni singolo ente. Inoltre, in forza dell’accordo concluso tra l’Associazione dei comuni italiani (ANCI), l’Unione delle provincie italiane (UPI) ed il Ministero dell’economia e delle finanze,  la Sose s.p.a. si avvale della collaborazione scientifica dell’Istituto per la finanza e per l’economia locale (IFEL) e può avvalersi della collaborazione dell’ISTAT.

I fabbisogni standard vanno definiti per ogni materia: dalle spese relative alle funzioni generali del singolo ente locale (anche aggregati in gruppi omogenei), al costo dello smaltimento dei rifiuti, dei servizi sociali, del trasporto pubblico locale, della gestione del territorio e dell’ambiente, dell’istruzione pubblica, ecc.

Definiti i fabbisogni, per contro, vanno tenute in considerazione la capacità di percepire somme, da parte degli enti locali, derivanti dalla capacità fiscale di ciascun ente. Come per i fabbisogni standard, anche i criteri per la definizione delle capacità fiscali degli enti sono aggiornati costantemente e perfezionati continuamente.

Successivamente, i risultati sono trasmessi agli organi dello Stato, competenti per l’approvazione: la Commissione Tecnica per i Fabbisogni Standard (CTFS), la commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo, le Commissioni competenti per ogni specifico settore, il Governo.

La differenza tra i fabbisogni (uscite) e le capacità fiscali (entrate) del singolo ente, sarebbero compensate attraverso una perequazione, operata impiegando il previsto “Fondo di Solidarietà comunale”. Ciò ha lo scopo di consentire il mantenimento di un equilibrio economico e sociale tra le varie regioni italiane.

In tale meccanismo, come detto volutamente semplificato e ridotto all’essenziale, quale ruolo rivestono i cosiddetti “Livelli Essenziali delle Prestazioni” (LEP)?

L’art 117 della Costituzione Italiana, prevede che” … lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie:

  1. m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che DEVONO ESSERE GARANTITI SU TUTTO IL TERRITORIO NAZIONALE”.

Ad oggi, i livelli essenziali delle prestazioni, non sono mai stati definiti !

Ed è degli ultimi giorni la dichiarazione del Presidente del Consiglio Conte, per cui “in conformità al dettato costituzionale, è nostro dovere ascoltare le istanze provenienti dai territori, avendo però la massima cura di non pregiudicare la solidarietà nazionale, la tutela dell’unità giuridica, economica e i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali”.

Delineato lo stato dell’arte sulla gestione e la ripartizione agli enti locali delle risorse nazionali, qual è la considerazione che dovrebbe essere fatta, in coscienza, da chi amministra la Nazione, a prescindere dal colore politico ed a prescindere dalla regione di appartenenza?

Indubbiamente alcune delle domande da porsi dovrebbero avere un tono simile.

I diritti civili e sociali, sono garantiti? Le infrastrutture (autostrade, aeroporti e numero di voli, numero di treni, capacità portuali, ecc.) hanno le stesse potenzialità in Puglia come in Lombardia?

NO! Al contrario, data la posizione geografica e la lontananza dagli altri paesi europei, il Sud dovrebbe avere collegamenti più potenti rispetto al nord.

Inoltre, le capacità di entrate fiscali della Puglia sono paritetiche a quelle delle aziende Venete? I Prodotti consumati in Puglia sono prodotti in Puglia o in Emilia Romagna? E le tasse derivanti dagli utili ottenuti dalle aziende emiliane grazie ai beni venduti in Puglia vanno nelle casse pugliesi o emiliane?

Ovviamente, NO! Le tasse derivanti dagli utili dei beni venduti in Puglia devono rimanere in Puglia! Altrimenti, è inevitabile che sia differenza nel residuo fiscale tra le regioni!

E potremmo continuare così per tutti i settori per cui l’art. 117 della nostra Costituzione prevede legislazione concorrente.

Il Presidente Conte ed i Presidenti delle Regioni Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, perché non rendono pubblici i testi delle proposte? Il Presidente della Regione Puglia, cosa sta facendo per definire, per ciascun settore, i livelli essenziali delle prestazioni. Aspettiamo che qualcun altro lo faccia per noi? Si chiede Maurizio Cardone, direttore di Valori Comuni.

Fino a quando – conclude Palumbo – non si realizzeranno misure che, realmente, rimetteranno in equilibrio il sud con il nord, e non si adotteranno provvedimenti che consentano al sud di poter competere ad armi pari con il nord Italia e con gli altri paesi occidentali, non ci potrà mai essere un aumento dell’autonomia delle regioni, che si ispiri al valore dell’onestà e dell’unità Nazionale.

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